A BOLOGNA TRA MUSICA E CAMPANE

Tipologia tonale dei “doppi” bolognesi

L’osservazione preliminare che va puntualizzata è che nel “doppio” alla bolognese, costituito classicamente da quattro voci (quarto), la successione dei suoni delle singole campane è concepita come scala discendente, cioè a dire secondo un ordine che procede dalla voce acuta (campana piccola) a quella grave (campana grossa); quindi la tonalità del concerto è determinata dalla nota della campana maggiore che, nelle sequenze di base delle esecuzioni, denominate mezze, interviene sempre per ultima.

Le campane che formano l’ensemble hanno un loro nome tecnico tradizionale che si riferisce alle loro dimensioni: la piccola, la mezzanella, la mezzana e la grossa. Tuttavia, in certe zone appenniniche e della pianura al confine col ferrarese, la mezzana è chiamata “mezzanone”, mentre la mezzanella è conosciuta come “mezzana”. Ora se in questo caso è applicabile la ben nota legge linguistica detta “delle aree periferiche o laterali”, è alquanto probabile che la seconda definizione sia la più antica (e si hanno  vari indizi che nel passato tale uso classificatorio occorresse anche in ambito cittadino), mentre la prima sia il frutto di un tardo spostamento lessicale che potrebbe, verosimilmente, implicare il passaggio intermedio: “piccola – mezzanella – mezzanone – grossa” per meglio connotare le due campane centrali.

Alla fine dell’Ottocento, comunque, a Bologna è certo che le campane venissero identificate secondo l’attuale terminologia.

Passiamo ora ad esaminare, più nel dettaglio, i concerti di campane veri e propri, i cosiddetti “doppi”, classificati secondo il numero di elementi che li compongono e cioè: i quarti (quattro campane); i quinti (cinque campane); i sesti (sei campane).

 

I QUARTI

Se ha ragione Mario Fanti, il primo concerto a Bologna che raggiunse un assetto completo e venne suonato a “doppio” (ci riferiamo ovviamente alle campane di S. Petronio) era, com’è tuttora, impostato sull’intervallo detto di sesta maggiore.

Diamo ora qui di seguito uno schema sinottico degl’intervalli di questo tipo di concerto, premurandoci di avvertire ancora una volta il lettore che le scale dei “doppi” sono discendenti e quindi non si partirà dalla tonica (grossa) ma dalla sesta (piccola).

In Bologna troviamo concerti di sesta, oltre che in S. Petronio, pure nella cattedrale di S. Pietro (il concerto più poderoso dell’intera regione), nonché nelle basiliche di S. Maria dei Servi, di S. Domenico e di S. Luca. In questi ultimi tre templi sono installate, in realtà, cinque campane che formano un singolare abbinamento: quinta maggiore + sesta maggiore = ottava. Ma di questo si tratterà più avanti.

INTONAZIONE DI SESTA
INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
  PICCOLA (anche detto Campanino)
1 TONO  
  MEZZANELLA
1 TONO  
  MEZZANA
2 TONI E 1/2  
  GROSSA (anche detto Campanone)

Bologna, campanile S.Domenico

 

Passiamo ora a considerare quel tipo di struttura melodica che è in assoluto il più diffuso tra i concerti di campane del bolognese e anche delle altre zone della regione ove la tecnica “alla bolognese” si è affermata: l’intervallo di quinta.

Se ci capitasse di salire su di un campanile delle nostre zone, allora avremmo circa 90 probabilità su 100 d’imbatterci in un concerto di campane dalle suddette caratteristiche, tanta è la  diffusione e tanto è il favore che questo modulo incontra presso le comunità parrocchiali e i campanari stessi, in virtù della naturale cantabilità, per quella Stimmung serena e festosa che scaturisce immediata nell’animo di chi l’ascolta. Questa deriva soprattutto dalla grande proporzione delle voci: non compaiono le dimensioni esuberanti della campana maggiore rispetto alle altre, come invece accade nella sesta maggiore e, lo si vedrà in seguito, parzialmente anche nella quinta minore. Eccone lo schema.

INTONAZIONE DI MAGGIORE
INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
  PICCOLA
1 TONO E 1/2  
  MEZZANELLA
1 TONO  
  MEZZANA
1 TONO  
  GROSSA

Calcara, parrocchia di S.Nicola

 

A differenza del maggiore l’effetto che il minore  produce, in chi l’ascolta, è di una classica compostezza in cui trascorre sottile una tenera vena di malinconia.

Chi non ha mai udito propagarsi per i portici di via Marsala o di via Zamboni i possenti eppur molli rintocchi delle campane di S. Giacomo Maggiore, specialmente in quelle giornate terse d’inverno o dell’autunno tardo, è ignaro d’un’esperienza indimenticabile, cara ai campanari e a chi della città non coglie, con sguardo superficiale, il turbinio caotico delle impressioni visive della quotidianità, ma ne conserva gelosamente nel cuore l’immagine antica. Segue schema.

INTONAZIONE DI MINORE
INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
  PICCOLA
1 TONO  
  MEZZANELLA
1 TONO  
  MEZZANA
1 TONO E 1/2  
  GROSSA

Bologna, campanile S. Giacomo Maggiore

 

Nel 1699 venne completato sulla torre dei SS. Vitale e Agricola un quarto di campane dall’insolita struttura  melodica nota ai campanari col nome di grèd (grado): la cosiddetta “quarta aumentata” o trìtono,  conosciuta, nella trattatistica rinascimentale, come “diabolus in musica”, il diavolo nella musica, con riferimento più alle difficoltà connesse con l’intonazione vocale di tale intervallo, che non a un suo vago sentore luciferino.

Il perché di tale scelta da parte dei committenti non è dato di sapere né è lecito, in assenza di inoppugnabili basi documentarie, almanaccare ipotesi. Quel che è certo è che i campanari, a tutt’oggi, quasi a sottolineare la loro scarsa simpatia per questo andamento melodico, in generale, e, nello specifico, per il suddetto concerto, ironizzano su di un’amfibologia cui si presta la loro definizione, intellegibile per altro anche in lingua. Lo chiamano infatti gradén (gradino) che può intendersi sia come diminutivo di “grado”, con allusione alle modeste proporzioni del concerto, sia come “gradino di una scala”, per dileggio nei confronti della cattiva qualità del bronzo e della melodia sentita come sgradevole.

Questa combinazione musicale, poiché dissonante per natura, non incontrò molto favore presso il pubblico, tant’è che pochissimi sono gli esempi riscontrabili. A parte il concerto che si trovava sulla torre della parrocchiale di S. Benedetto in via dell’Indipendenza fino al secondo conflitto mondiale di cui ci ha conservato il ricordo, colla propria testimonianza, il campanaro Fernando Gamberini (1922), il piccolo “doppio” di Ponte Ronca (Zola Predosa) è il solo che possa essere equiparato a quello dei  SS. Vitale e Agricola.

In realtà la quarta aumentata si trova anche nei concerti presso la parrocchia di Pian di Venola (Marzabotto) e soprattutto sul campanile della prestigiosa collegiata di S. Biagio di Cento (FE). Ma poiché è inserita in complessi di cinque campane, se ne parlerà a proposito dei quinti.

Ecco intanto la rappresentazione grafica della quarta aumentata.

INTONAZIONE DI QUARTA AUMENTATA
INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
  PICCOLA
1 TONO  
  MEZZANELLA
1 TONO  
  MEZZANA
   
1 TONO GROSSA

Bologna, campanile Santi Vitale e Agricola

L’ultimo caso infine, isolato, d’intonazione di concerti di campane è quello di “quarta giusta” reperibile nella sola parrocchiale di Pieve di Cento (BO). In questo caso la successione naturale: tono + tono + semitono, che si accompagna alla bellezza delle voci  e alla possa del concerto, rendono gradevolmente suggestivo l’ascolto di questi bronzi.

INTONAZIONE DI QUARTA GIUSTA
INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
  PICCOLA
1/2 TONO  
  MEZZANELLA
1 TONO  
  MEZZANA
1 TONO  
  GROSSA

Pieve di Cento, Collegiata di S.Maria Maggiore

 

I QUINTI

Negli ultimissimi anni dell’Ottocento si pensò di completare i quarti di campane, intonati secondo l’intervallo di quinta giusta con terza maggiore, mediante l’aggiunta della quarta. Si ebbero in tal modo concerti di cinque campane con le seguenti caratteristiche.

INTONAZIONE DI QUINTA
INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
  PICCOLA
1 TONO  
  QUARTA
1/2 TONO  
  MEZZANELLA
1 TONO  
  MEZZANA
1 TONO  
  GROSSA

Monghidoro, chiesa S.Maria Assunta

La campana di recente acquisita nell’organico mantenne anche nel linguaggio campanario cittadino e  della pianura il nome musicale. Nei paesi di montagna, invece, dove l’introduzione della quarta praticamente non ci fu o si verificò tardivamente nella seconda metà del Novecento, tale campana, sentita essenzialmente come voce estranea, venne surrettiziamente definita “la bastèrda” (la bastarda) o ancora “la vàdva” (la vedova).

Nonostante l’accresciuto numero di voci aprisse nuove prospettive melodiche, la quarta non ha mai fatto veramente breccia nel cuore dei campanari, i quali si sono limitati ad introdurla nel centro di sequenze già previste per quattro campane, senza cioè integrarla appieno in un nuovo sistema, emarginandola invece in una collocazione ascitizia. Non è un caso raro, infatti, che pure su torri con cinque campane con queste caratteristiche, gli esecutori preferiscano lasciar tacere la quarta e dedicarsi invece al “doppio” tradizionale a quattro voci.

Già nel corso dell’Ottocento esistevano tuttavia celle con cinque campane. Però la loro fisionomia tonale non era quella appena descritta. Si trattava invece di concerti in cui l’aggiunta di una campana più pesante in cima o più leggera in coda alla serie determinava la sovrapposizione di due intervalli, cioè:

A) quinta con terza maggiore + quinta con terza minore

B) quinta con terza maggiore + sesta maggiore = ottava

Cominciamo a descrivere il primo dei due esempi.

QUINTO MAGGIORE   QUINTO MINORE
NOME CAMPANARIO INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
PICCOLA    
  1 TONO E 1/2  
MEZZANELLA   PICCOLA
  1 TONO  
MEZZANA   MEZZANELLA
  1 TONO  
GROSSA   MEZZANA
  1 TONO E 1/2  
/   GROSSA

Come si evince benissimo dalla simbologia, si tratta pressoché di due concerti distinti, non di uno solo, che a fatica tollerano il suono  su di una stessa sequenza melodica di tutte le voci, se non al costo d’un effetto al limite della dissonanza.

I campanari, invero, preferiscono suonare separatamente il maggiore e il minore oppure, giocando sulla duplice funzione che assumono le campane centrali, ricercare notevoli risultati eufonici dall’alternanza delle due tonalità.

Simile è il discorso che si può fare per la sovrapposizione della quinta e della sesta ma con alcune piccole e certo significative differenze che potranno cogliersi dall’attenta osservazione del prospetto, qui sotto riportato.

Come si è riferito in precedenza questo genere di concerto è reperibile essenzialmente in alcune grandi basiliche cittadine. Ma mentre a S. Maria dei Servi e a S. Domenico fu aggiunta successivamente la piccola, cioè preesisteva un organico di campane intonato in sesta, a S. Luca invece l’ultima “arrivata” fu la grossa.

Nonostante la quinta maggiore e la sesta maggiore siano sotto il profilo tonale compatibili, i campanari tradizionalmente sono restii a studiare nuove soluzioni melodiche dalla combinazione delle cinque voci.

QUINTO MAGGIORE   SESTA MAGGIORE
NOME CAMPANARIO INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
PICCOLA   /
  1 TNO E 1/2  
MEZZANELLA   PICCOLA
  1 TONO  
MEZZANA   MEZZANELLA
  1 TONO  
GROSSA   MEZZANA
  2 TONI E 1/2  
/   GROSSA

Infine rimangono da prendere in esame i due soli concerti  di cinque campane con intervallo di quinta con quarta aumentata sino ad ora esistenti.

Perché mai Angelo Rasori nel 1794 fornisse alla collegiata di S. Biagio di Cento (FE) campane dalla così bizzarra peculiarità melodica; ancor di più perché mai i Centesi, dalla così difficile contentatura, lo abbiano accettato e ne vadano (giustamente per altro) così fieri; ma soprattutto perché, anni dopo, Cesare Brighenti s’entusiasmasse tanto ad ascoltarlo da riprodurne la querula cantilena nel doppio che fornì alla parrocchia di Venola (Marzabotto) in sostituzione delle campane di S. Francesco in Bologna ritornate alla loro originaria dimora; tutto questo è destinato a rimanere un mistero su cui s’infittisce la ridda delle illazioni.

Segue, come solito, relativo schema.

QUINTO CON QUARTA AUMENTATA
INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
  PICCOLA
1/2 TONO  
  QUARTA
1 TONO  
  MEZZANELLA
1 TONO  
  MEZZANA
1 TONO  
  GROSSA

 

Passiamo ora ad esaminare i concerti di campane a sei voci.

 

I SESTI

A sud-est del fiume Secchia, nei territori dell’Emilia-Romagna cioè dove le campane vengono installate secondo le modalità che consentono il suono “alla bolognese”, s’incontrano rarissime chiese dotate di concerti di sette o anche di otto campane. Ma poiché si tratta di un semplice accumulo di voci, eccentrico rispetto alla lunga tradizione di un sistema di suono, in questa sede i casi suddetti verranno semplicemente ignorati.

Con un’incidenza appena superiore, ma sempre assai sporadici, occorrono organici di sei campane che possono essere classificati secondo due tipologie distinte:

A) concerti di sesta maggiore con tutte le note presenti;

B) concerti di quinta maggiore con tutte le voci rappresentate, con l’aggiunta di una campana più grande che rende possibile l’intonazione di quinta minore.

Se non rientra appieno nella mentalità dei campanari l’esecuzione con cinque campane suonate contemporaneamente,  a fortiori ciò sarà ancor più vero per complessi di sei elementi che si possono udire rintoccare tutti insieme solo se la squadra degli esecutori è numerosa, affiatata ed esperta. Per il resto i campanari sono inclini a isolare, tra le sei campane a disposizione, le sequenze melodiche a quattro o, tutt’al più, a cinque, sfruttando le virtualità combinatorie delle varie voci. Si veda, a questo proposito, il modello della tipologia A descritta, in cui si noterà chiaramente che una stessa campana può essere identificata con  vari nomi a seconda della tonalità e del modo di cui entra a far parte.

  5° MAGGIORE 5° MINORE 6°MAGGIORE
INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO
  / PICCOLA PICCOLA
1 TONO      
  PICCOLA MEZZANELLA MEZZANELLA
1 TONO      
  QUARTA MEZZANA MEZZANA
1/2 TONO      
  MEZZANELLA / /
1 TONO      
  MEZZANA GROSSA /
1 TONO      
  GROSSA / GROSSA

Vediamo ora la tipologia B che richiede, a prima vista, una rappresentazione forse un po’ meno complicata ma comunque decifrabilissima se si tiene presente quanto detto in precedenza

  5° MAGGIORE 5° MINORE
INTERVALLO TONALE NOME CAMPANARIO  
  PICCOLA /
1 TONO    
  QUARTA /
1/2 TONO    
  MEZZANELLA PICCOLA
1 TONO    
  MEZZANA MEZZANELLA
1 TONO    
  GROSSA MEZZANA
1 TONO E 1/2    
    GROSSA

 

1 pensiero su “A BOLOGNA TRA MUSICA E CAMPANE

  1. grazie, è meraviglioso leggere queste precise spiegazioni; un ricordo per mio babbo Ennio Onofri (1925 – 2012) mastro campanaro di san Pietro in Casale, figlio di Luigi fine mastro anche lui di questa bell’arte;
    Ennio è scomparso 8 anni fa e precisamente il 28 luglio 2012.
    Grazie a chi desiderasse dedicare un “doppio” o una “tirata bassa” alla sua memoria in quel giorno o successivi.
    Maria Angela Onofri (figlia)

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