La tradizione campanaria bolognese nacque nella seconda metà del XVI secolo sul campanile della Basilica di San Petronio quando si avvertì il desiderio di codificare oltre la musica sacra, utilizzata durante le liturgie, anche il suono delle campane in modo da rendere più solenni le celebrazioni e le feste religiose. Nel corso del ‘700 le campane della Chiesa Cattedrale furono armate in modo da poter essere suonate a doppio come quelle di San Petronio. Altre chiese del centro cittadino seguirono questi esempi, finchè nel XIX secolo la tradizione raggiunse la massima espansione, diffondendosi in quasi tutte le parrocchie della diocesi e sconfinando anche nelle diocesi limitrofe (Modena, Ferrara, Imola e Faenza). Ovviamente all’aumentare dei campanili dotati di bronzi suonabili con questo metodo si ebbe anche un aumento notevole del numero di campanari che imparavano questa tecnica. Alla fine del 1800 ed inizi del ‘900 quasi tutte le parrocchie avevano una propria squadra di campanari e non erano rari i casi in cui nella stessa parrocchia vi erano due o tre squadre che si misuravano nella maestria di esecuzione dei doppi alla bolognese. Nel 1912 venne fondata l’Unione Campanari Bolognesi (ad opera di 34 soci fondatori) la cui sede è sita dal 1920 sul campanile della Basilica di San Petronio, nella sala sottostante la cella campanaria; dal 1950 in avanti abbiamo assistito ad una lenta regressione del numero dei campanari; il fattore principale che contribuì al verificarsi di questa flessione fu il profondo mutamento sociale e culturale che investì il nostro paese in quegli anni, quando si passò da un’economia di tipo rurale ad una di tipo industriale. I tempi e i ritmi della vita contadina furono travolti e con essi anche la cultura che quella società aveva prodotto, di conseguenza anche la tradizione campanaria, come una delle sue espressioni, subì un duro colpo. I tempi nuovi, i ritmi serrati e l’automatismo imperante lasciavano poco spazio ai giovani che avrebbero potuto accostarsi all’arte campanaria oltre tutto la mentalità allora corrente, che tutto ciò che aveva a che fare col passato rurale, fosse associato a qualcosa di inutilmente vecchio e sorpassato sostenuto da persone grezze ed ignoranti, non favorì certo il mantenimento della tradizione. In aggiunta a questo evento si ebbe un’ulteriore fattore negativo nella gelosia mostrata da alcuni maestri campanari che tendevano a trasmettere la loro arte solo ai propri figli o famigliari non favorendo così la diffusione di suddetta tradizione. Infine la messa a punto di meccanismi di automazione o di riproduzione del suono delle campane, anche se per fortuna fu poco praticata nel bolognese, costituiva un’ulteriore insidia perché poteva sembrare la via più comoda e sbrigativa per avere sempre e in qualsiasi momento la disponibilità di far suonare le campane (va altresì detto che in questi casi il risultato fonico e di esecuzione lascia molto a desiderare rispetto ai tradizionali doppi eseguiti a mano: anche orecchi profani sanno cogliere facilmente la differenza). Negli anni ’70 si ebbe il culmine di questa crisi: pochissimi giovani erano presenti nelle fila dei campanari. Per fortuna oggi questa tendenza negativa è stata fermata e molti ragazzi si stanno avvicinando a questa arte plurisecolare, forse per il gusto della riscoperta di tradizioni dal sapore antico, forse per la constatazione che suonare le campane alla bolognese è un esercizio ginnico accattivante, perché abbisogna di senso del ritmo, memoria ferrea, forza fisica e capacità di fare squadra. Piacevole è anche il clima di amicizia e di solidarietà forte che si viene a creare fra coloro che suonano assieme e che condividono sui campanili la gioia di praticare il suono delle campane alla bolognese, il proprio tempo libero e qualche bicchiere di vino robusto e generoso. Attualmente l’Unione Campanari Bolognesi conta 378 soci (quasi tutti praticanti) distribuiti su un territorio comprendente le diocesi di Bologna, Imola e Faenza.. Come si può facilmente capire da queste poche righe noi campanari ci divertiamo a praticare la nostra arte, ma sicuramente l’Unione Campanari Bolognesi, che noi costituiamo, non scorda mai quale sia il suo primo scopo, quello cioè di “mantenere viva e far sempre più conoscere ed apprezzare la bella tradizione dei Sacri Bronzi ad onore e propagazione del culto cattolico” come recita il secondo articolo del nostro Statuto. Per perseguire questo scopo abbiamo sempre tenuto ottimi rapporti con l’Autorità Ecclesiastica per disciplinare e bene orientare qualsiasi intervento si voglia eseguire sui campanili, in modo da salvaguardare i concerti di campane da opere di elettrificazione che ne impedirebbero l’uso tradizionale. Alcuni documenti in merito sono stati stilati dal Vicario Generale e sono stati integralmente riportati in questo sito. Curiamo sempre scrupolosamente i servizi religiosi che ci vengono richiesti in occasione delle varie feste dalle Parrocchie, in modo da non lasciare mai disattesa nessuna richiesta ci venga rivolta. Inoltre siamo anche attenti e sensibili alle richieste dei giovani che desiderano accostarsi alla tradizione dell’arte campanaria bolognese: nel 1991 si è svolto il “1° Corso di Avviamento all’arte Campanaria Bolognese” che tanto interesse ha suscitato anche presso la stampa, portando i campanari bolognesi ad essere presenti non solo nelle televisioni italiane ma anche su reti svizzere e tedesche. Nel 1993 è stata realizzata presso la Villa Pallavicini una struttura che ospita 4 campane prestateci dall’Autorità Ecclesiastica e che è diventata la nostra palestra, utilizzata per addestrare chi deve imparare e per affinare i campanari veterani. Altre attività divulgative sono state e vengono organizzate: le periodiche accademie sul campanile di San Petronio, dove viene invitata la cittadinanza; le gare campanarie che periodicamente vengono organizzate sul nostro territorio; i concerti e le esibizioni mediante campane autotrasportate, in particolari occasioni (per esempio a Roma in piazza San Pietro nel 1971, ’79 e ’89); partecipiamo infine ai Raduni Nazionali indetti a turno dalle varie associazioni italiane. |
Il mio papà era campanaro e l’ amore per le campane mi è rimasto nel cuore. Quando le senti non puoi farne a meno
Mi chiamo Serena Giuliani sono la figlia di Renato mezzanella del Medolago. Troppo orgogliosa del
Sentimento che provava mio padre per le campane…un concerto altroché. Con affetto
ho una foto (Cocchi) 1960 dei campanari Bolognesi. è possibile trovare quella precedente? cordialità Patrizio